Un incontro accidentale e un fraintendimento portano a un legame sconvolgente.
Un nuovo lavoro, una nuova città e, si spera, una nuova vita.
Quando il paffuto videogiocatore Oliver Barnaby riceve un’offerta di lavoro dalla migliore casa di produzione di videogiochi del paese, lascia la sua famiglia e la sua tutt’altro che spettacolare vita in Oklahoma, senza esitare un secondo. Determinato a cambiare più della sua carriera e delle sue abitudini, Oliver mette in atto un piano per trovarsi finalmente un fidanzato. Il primo passo è migliorare le sue abilità a letto.
Una vita che sembra perfetta sulla carta, ma che in realtà è vuota.
L’attraente, di successo e carismatico Jaime Snow ha una vita che le altre persone gli invidiano. La sua attività è in continua crescita, non gli mancano gli amici e non ha problemi a trovare qualcuno con cui uscire. C’è però del vuoto nel suo cuore e un buco nella sua vita che solo l’uomo giusto può riempire.
Un incontro accidentale, un fraintendimento e innamorarsi.
Quando Oliver e Jaime finiscono nello stesso bar alla stessa ora, entrambi vedono nell’altro qualcosa che vogliono. Andare a letto insieme quella prima notte è facile, costruire la relazione della vita che entrambi bramano disperatamente richiederà fiducia, tempo e un piccolo fraintendimento.
Aveva scelto il bar a causa del suo nome: La Libreria. Era brillante e inusuale, e lui aveva riso internamente di quanto felice sarebbe stata sua madre, se le avesse detto che stava passando il tempo alla Libreria, invece che di fronte al suo computer. Per tutta la vita di Oliver, lei aveva pianto il fatto che non fosse un lettore e, anche se lui si era trasferito a tremiladuecento chilometri dalla loro casa di Oklahoma City, lei continuava a inviargli libri che era sicura avrebbe amato. Forse un giorno ne avrebbe aperto uno.
Per ora, gettò uno sguardo in basso verso l’unico libro che aveva letto innumerevoli volte e lo sistemò sul bordo del suo tavolo, per rendere la costa più visibile possibile. Il titolo, Programmare, non era brillante come il nome del bar, ma le informazioni e il modo in cui era scritto si erano sedimentati alla perfezione nel cervello di Oliver, quando era stato una matricola del college. Aveva da tempo assimilato le informazioni che conteneva, ma il libro di testo era la cosa più vicina che aveva a una copertina di Linus, quindi ci si era aggrappato per tutti i quattro anni di corsi di informatica progressivamente più complicati, per i tre lavori, senza sbocchi, di riparazione computer e supporto tecnico, e un trasferimento a Seattle per vivere finalmente, finalmente, il suo sogno di sviluppare videogiochi. Quando aveva dovuto scegliere un modo per spiegare se stesso allo sconosciuto che l’avrebbe guidato nell’ultima fase del suo viaggio, verso la vita che aveva sempre desiderato, la prima cosa che era venuta in mente a Oliver era stato il libro che aveva iniziato tutto.
Con la costa rivolta verso il bar e la zona di passaggio, e con il bicchiere già vuoto, Oliver non aveva niente da fare se non aspettare, oppure tirare fuori il cellulare per giocare un turno veloce su Clash of Clans. Allungò una mano nella tasca, quasi prima che il suo cervello formulasse quel pensiero. Uno sguardo veloce allo schermo confermò che erano ancora le otto meno venti. Oliver era orgoglioso della sua puntualità, qualcosa che suo padre gli aveva inculcato in testa fin da quando era un bambino, e dopo due mesi a Seattle non aveva ancora imparato a gestire le tempistiche degli spostamenti, così aveva finito per essere troppo cauto ed era arrivato con mezz’ora di anticipo.
Nella sua mente, sentì sua madre rimproverarlo per essersi messo a giocare con il cellulare, quando avrebbe dovuto prestare attenzione alle persone, ma lui aveva ventotto anni e lei era troppo lontana per vederlo, così la ignorò e cercò di perdersi in una partita. Tra l’altro, distrarre la sua mente dal perché fosse in quel bar l’avrebbe trattenuto dal cedere a un attacco di panico, e perfino sua madre avrebbe concordato che fosse una buona cosa, in pubblico. Non che lei avrebbe mai avuto la possibilità di sapere dei suoi programmi per quella serata, perché, nonostante fossero molto intimi, quella era un’attività che Oliver non avrebbe assolutamente condiviso con la sua famiglia. O con nessun altro, del resto.
Innervosito, si grattò con una mano la parte alta della schiena, attraverso la maglietta, e con l’altra la coscia. Rendendosi conto di quello che stava facendo, costrinse le sue mani ad allontanarsi, prima di graffiare la pelle.
Sperando in una distrazione, spostò in fretta lo sguardo verso la sua bibita, quando, all’improvviso, con la coda dell’occhio notò qualcuno muoversi nella sua direzione. D’istinto, Oliver afferrò il bicchiere e si piegò in avanti per succhiare dalla cannuccia, come se quel gesto fosse uno scudo per trattenersi dal fissare persone che, inevitabilmente, non lo avevano notato. Quando si rese conto che l’uomo non se n’era andato, anzi, si era avvicinato al suo tavolo, Oliver guardò in su e realizzò che lo sconosciuto stava guardando proprio il suo libro. Ciò significava o che stava per prendere in giro il nerd paffuto, per aver portato un libro di testo in un bar durante un venerdì sera, oppure…
Oh, mio Dio. È lui. Oliver continuò a tenere la testa china, ma non poté impedirsi di sbirciare, alternando lo sguardo tra il bicchiere ormai vuoto e l’uomo in arrivo.
Più vecchio di lui, ma non così tanto, aveva spalle larghe, occhi chiari, capelli corti e scuri e un viso scolpito. L’uomo si fermò proprio vicino al tavolo, aspettò che Oliver alzasse la testa e poi disse: «Interessante scelta di lettura.» Picchiettò la parte superiore del libro e tentò di incontrare lo sguardo di Oliver.
Anche se quella era una situazione dove Oliver non poteva essere rifiutato o ridicolizzato, lui faceva comunque fatica a parlare con un uomo così bello, e ancora di più faticava a creare un contatto visivo con lui. E ora che era abbastanza vicino da vederlo chiaramente, Oliver sapeva per certo che era vero. Puntò lo sguardo sul mento dell’uomo e osservò i suoi lineamenti.
I capelli castani avevano striature più chiare in alto e punte d’argento sulle basette, abbastanza lunghe da arrivare fino all’altezza dei lobi. Gli occhi chiari erano verdi, di una sfumatura pallida che riusciva comunque a sembrare calda. Le spalle larghe completavano un torace così muscoloso da tendere la maglietta nera che indossava sotto a una giacca piuttosto aderente. Quel tizio era materiale da fantasia, e Oliver non poteva credere di essere stato così fortunato.
«È tuo questo libro?»
«Sì,» disse Oliver con voce roca e poi si schiarì la gola. «È mio.»
La fronte dell’uomo si corrugò. Inclinò il capo da un lato e lo fissò.
All’inizio, quella strana occhiata lo sconfortò, ma poi Oliver si ricordò le lezioni di buone maniere che era stato costretto a frequentare a scuola e realizzò dove aveva sbagliato.
«Per favore, accomodati,» disse, indicando con una mano la sedia vuota davanti a lui. La voce gli tremava più di quanto avrebbe voluto, ma quello era un invito ben più sfrontato di quelli che faceva di solito.
Certo, di solito gli uomini non lo approcciavano, specialmente gli uomini incredibilmente belli, e di solito le persone non volevano passare del tempo con lui, e di solito lui non cercava servizi escort per organizzare un appuntamento. Quindi, quel giorno, nulla era usuale per Oliver.
«Grazie.» L’uomo tirò indietro la sedia e si sedette, accomodandosi. «Sono Jaime.» Protese una mano.
Oliver guardò la mano tesa, sbatté le palpebre e poi ricordò le buone maniere. «Piacere, Oliver.» Si asciugò il palmo sudato sui jeans, prese la mano di Jaime e la strinse. «Oliver Barnaby.»
Oh, cavolo. Era una cattiva idea rivelare il suo cognome in una situazione come quella? Oh, beh. Se tutto andava come aveva programmato, Oliver avrebbe passato del tempo da solo con quell’uomo, il che l’avrebbe messo più a rischio che rivelargli il suo nome. Aveva fatto una prenotazione all’hotel al piano superiore, che, oltre a essere costoso, non era neppure completamente sicuro, ma era sempre meglio che portare uno sconosciuto nel suo appartamento.
«Allora, Oliver Barnaby.» Sorridendo, Jaime gettò uno sguardo al libro e aggrottò le sopracciglia. «Cosa ci fai qui con questo?»
Dritto al punto. Nel campo di lavoro di Jaime, essere diretti aveva senso, ma Oliver non era capace di intrattenere una conversazione articolata con un umano in carne e ossa, così si agitò sulla sua sedia. «Beh, uh…» Deglutì.
«Una sessione di studio notturno?» Il commento era scherzoso, ma il tono non aveva alcuna malizia e l’espressione di Jaime, sebbene del tutto divertita, non era crudele.
«Scusa, mi sto comportando da idiota.» Oliver scosse la testa. «Sappiamo entrambi perché siamo qui, quindi…» Prese un respiro profondo. «Non sono sicuro di quanto ti abbia raccontato.» Si accigliò e pensò alla breve telefonata che aveva avuto con l’uomo dell’annuncio pubblicitario. «A dire il vero, non ricordo quanti dettagli gli ho dato, a parte aver detto che avevo bisogno di qualcuno con esperienza.»
«Con esperienza?»
«Già. Perché, ecco…» Guardò il bellissimo viso di Jaime, e ancora una volta perse il dono della parola.
Non aveva riflettuto a fondo su come l’agenzia di escort avrebbe potuto interpretare la sua richiesta, ma ora realizzava che dovevano aver concluso che volesse qualcuno un po’ più vecchio di lui. Il caso voleva che gli uomini maturi fossero proprio il tipo di Oliver. O almeno lo sarebbero stati, se avesse avuto un tipo preferito. Probabilmente aveva bisogno di avere dei veri appuntamenti, invece che fantasticare soltanto, prima di poter dire d’avere una preferenza.
«Oliver?»
Oliver sbatté le palpebre.
«Stavi dicendo che avevi bisogno di qualcuno con esperienza?»
«Giusto.» Annuì con un cenno del capo. «Vedi, il punto è che non ti ho assunto per fare sesso.»
Non poté fare a meno di notare lo shock che comparve sul viso di Jaime.
«Non mi è uscita bene.» Oliver fece velocemente marcia indietro. L’ultima cosa che voleva era che Jaime pensasse che lo volesse fregare, perché allora si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato, e lui avrebbe dovuto iniziare la sua ricerca daccapo. Le probabilità di trovare qualcuno attraente e gentile come Jaime per fargli da insegnante erano così basse da avvicinarsi a zero. «So cosa significa escort e sono del tutto deciso a pagarti. Ho i soldi.» Diede una pacca alla sua tasca e proferì un silenzioso ringraziamento per la generosità della sua nuova compagnia. «Quello che intendevo è che non voglio fare sesso con te.»
Jaime ridacchiò e alzò le sopracciglia, ma non disse nulla.
«Accidenti.» Oliver scosse la testa. «Non intendevo nemmeno questo.» Alzò una mano e la mosse su e giù in direzione di Jaime. «Guardati. Ovvio che voglio fare sesso con te. Ma il problema non è mangiare il pasto, è imparare a pescare. Capisci?»
«Penso di cominciare a capire, ma perché non mi racconti i dettagli?» Jaime abbassò la voce. «E cerca di tenere fuori la faccenda del pagare per il sesso.» Un angolo delle sue labbra si alzò in un sorriso storto. «Alla fin fine siamo in pubblico, e non tutto è legale a Washington.»
Oddio. Oliver mosse di scatto la testa da un lato all’altro, controllando per vedere se qualcuno fosse abbastanza vicino da poterlo ascoltare. Il bar non era grande e c’era un numero così elevato di clienti, che qualcuno l’aveva probabilmente sentito. Si chinò in avanti, la sua pancia che premeva contro il tavolo. «Pensi che la gente chiamerà la polizia? Dovremmo andarcene?»
«No, e…» il sorriso di Jaime cambiò da divertito a malizioso, «alla fine. Ma prima, raccontami dell’imparare a pescare.» Jaime si sistemò meglio sulla sedia e incrociò le braccia sul petto; i suoi bicipiti misero a dura prova la giacca di pelle grigia. «Suppongo non stiamo parlando di stare all’aria aperta, quindi mi hai assunto per insegnarti cosa, esattamente?»
Quando gli era venuta in mente l’idea di affittare un escort, Oliver si era concentrato su quanto sarebbe costato, su dove farlo e su cosa sarebbe stato in grado di ottenere in una notte. Aveva anche speso una discreta quantità di tempo a dubitare del suo piano. Però non aveva mai considerato come avrebbe spiegato cosa voleva all’uomo che pagava per aiutarlo.
«Voi ragazzi non avete, tipo, ehm, obblighi di riservatezza?» chiese Oliver.
Jaime inarcò le sopracciglia. «Riservatezza?»
«Sì.» Oliver annuì con il capo. «Quello che ti dico dovrà rimanere tra noi, giusto?»
«Beh.» La bocca di Jaime s’incurvò ai lati, si leccò le labbra, tossì e disse: «Non sono uno psichiatra o un avvocato, perciò non c’è un albo fuori da qui che mi costringe a essere onesto, ma ti darò la mia parola che lo terrò tra noi. Che ne dici?»
Dopo aver considerato per qualche secondo la risposta e le sue alternative, Oliver rispose: «Può andare.»
«Lieto di esserci tolti i preliminari dai piedi.» Jaime sorrise. «Dimmi di cos’hai bisogno, Oliver.»
Quando pronunciò il suo nome, la voce di Jaime si abbassò, diventando più profonda e roca. Il tono provocò una fitta allo stomaco di Oliver e gli ricordò perché quell’uomo venisse pagato per quello che faceva. Ciò rese ancora più umiliante quello che Oliver doveva chiedere, ma non voleva che la sua vita a Seattle fosse uguale a quella in Oklahoma, così si impose di superare la vergogna e si costrinse a parlare.
«Sono piuttosto sicuro di non essere bravo a letto e voglio aiuto in quello.» Si morse il labbro. «Vero aiuto. Non quello di cui si vantano le persone online.» Aveva letto infiniti blog e si era iscritto a chat room, ma, per quanto odiasse ammetterlo, internet non aveva tutte le risposte.
Sembrando sorpreso, Jaime sbatté le palpebre alcune volte, si schiarì la gola e poi disse: «Perché pensi di non essere bravo a letto?»
Era facile rispondere a quella domanda. «Il mio ex me l’ha detto.»
L’espressione amichevole e divertita scomparve dal volto di Jaime. «Il tuo ex sembra un coglione. Trova qualcun altro e dimenticalo.»
«È questo il punto. Non riesco a trovare qualcun altro.» Realizzando di suonare lamentoso, Oliver si prese un momento per respirare. Si sedette diritto, ruotò il collo e poi rovinò il suo tentativo di sembrare sicuro di sé, incurvando le spalle. «Non piaccio mai alle persone, nella vita reale. Ho ventotto anni e Ted è stato l’unico ragazzo che si è dimostrato disponibile a venire a letto con me. Questo era quattro anni fa.» La sua voce tremò. «Ho bisogno d’aiuto.»
«Ehi.» Gli occhi di Jaime si addolcirono e si chinò in avanti, chiudendo la mano attorno all’avambraccio di Oliver. «Andrà tutto bene. Te lo prometto.»
Il tocco di Jaime era dieci volte più potente della sua voce e all’improvviso Oliver desiderò di andare fino in fondo ai suoi piani per la notte, con qualcosa di completamente diverso dall’imparare e migliorare se stesso. Rimase immobile, lasciando che quelle sensazioni piacevoli lo inondassero, finché Jaime tolse la mano. E poi si ruppero gli argini.
«Mi sono appena trasferito a Seattle, in agosto. Te l’ho già detto? Voglio che le cose siano diverse, qui. Ho ottenuto questo lavoro fantastico, dove guadagno un sacco di soldi, e ho un mio appartamento, ma non è abbastanza. Mi iscriverò in palestra, così da poter perdere peso, perché so che i ragazzi non si interesseranno a me, così come sono.» Gesticolò su e giù verso il suo corpo troppo grasso, troppo flaccido. «Non sarò mai bello come te, ma spero che l’esercizio fisico aiuterà, e posso anche fare una dieta. In quel caso, forse qualcuno sarà interessato, ma poi, cosa? Prima o poi finiremo a letto, e allora non vorrà più vedermi.» Prese un respiro profondo, il suo cuore che batteva all’impazzata. «Ecco perché ti ho assunto. Ho bisogno di migliorare, così se dovessi trovare qualcuno che è interessato a me sul serio, posso farlo restare.» Strinse e rilassò le mani, fissando Jaime, sperando che avesse capito.
«D’accordo,» disse Jaime calmo. «Ho capito e non ti sto rifiutando.» Guardò verso Oliver in modo significativo, continuando soltanto dopo che questi ebbe fatto segno d’aver capito. «Possiamo uscire da qui e farlo, ma prima voglio che tu sappia che non a tutti i ragazzi piacciono i fanatici della palestra o i twink. Tu sei davvero un bell’uomo, Oliver.»
«Sei pagato per dirlo,» mormorò Oliver, distogliendo lo sguardo da quello di Jaime. Perfino quella parte di lui era attraente. Quegli occhi avevano varie tonalità di verde, molto più interessanti che non il noioso marrone dei suoi.
«No, non lo sono.» La mascella di Jaime si contrasse mentre parlava e suonò così sicuro, che Oliver gli avrebbe creduto, se non fosse che l’aveva trovato tramite una pubblicità di escort.
«Va tutto bene,» disse Oliver. «Ho smesso di preoccuparmi di sentirmi patetico a pagare in cambio del sesso.» Sospirò e si passò le dita tra i capelli, sperando di non mandare le ciocche troppo lunghe in strane direzioni. «A dirla tutta, mi aiuta. Non ho mai avuto il coraggio di parlare a un ragazzo come te, nella vita vera, anche se si trattava di rispondere a una domanda sulle indicazioni stradali o qualcosa di simile.» Alzò gli occhi al cielo alle sue stesse mancanze. «Sapere che non puoi ridere di me, o giudicarmi, o rifiutarmi, è meglio.» Lo rendeva possibile. «È tutto quello di cui ho bisogno. Non sentirti in dovere di farmi falsi complimenti.»
«Non era falso.»
Certo che lo era. Oliver era bello allo stesso modo in cui il bar era una libreria. Però non aveva importanza e Jaime sembrava arrabbiato, così smise di protestare e tornò a concentrarsi sulla discussione riguardo la ragione per cui erano entrambi nella Libreria che non era effettivamente una libreria. «Ho prenotato una stanza all’hotel di sopra.»
Jaime aggrottò le sopracciglia, stringendo gli occhi e, per un orribile momento, Oliver fu sicuro che avesse cambiato idea e stesse per andarsene. Stava quasi per mettersi a pregarlo di dargli un’altra chance, quando il viso di Jaime si rasserenò e l’uomo si alzò dalla sedia.
«Fammi strada, Oliver. Non vedo l’ora di…» Spostò lo sguardo sul corpo dell’altro, con un’espressione eloquente che nessuno aveva mai rivolto a Oliver. «Pescare con te.»